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Anatomia di una caduta vince il Premio Amidei a Gorizia, il film nato in famiglia
Justine Triet e il marito Arthur Harari sono i vincitori del Premio internazionale alla sceneggiatura Amidei, distribuito in Italia da Teodora Film.
Raccontare l’incomunicabilità di coppia. Narrare la tensione sul filo del rasoio, il dramma che spesso alberga in sordina al matrimonio, dopo che l’incanto è svanito. Ci riescono Justine Triet e il marito Arthur Harari - vincitori del Premio internazionale alla sceneggiatura Sergio Amidei di Gorizia giunto alla sua 43ma edizione - con il film “Anatomia di una caduta” (2023) della stessa regista Triet. Si è svolto nella serata di oggi - presso la gremita Cineteca Casiraghi di piazza Vittoria - l’incontro che ha decretato l’assegnazione della statuetta ai vincitori assenti per motivi familiari.
Una giuria presieduta dai registi Marco Risi e Francesco Munzi, dallo sceneggiatore e regista Francesco Bruni, dagli sceneggiatori Massimo Gaudioso, Marco Pettanello e Doriana Leondeff, ma anche dall’attrice Giovanna Ralli e dalla produttrice Silvia D’Amico. Il premio verrà consegnato questa sera alle 21.20 nella cornice di piazza Vittoria, e sarà ritirato da Stefano Finesi in rappresentanza della Teodora Film, casa di distribuzione in Italia.
«La riunione della giuria è stata molto accesa – commenta il responsabile dell’associazione Palazzo del Cinema Giuseppe Longo – perché nel bene e nel male che sia, questa è la miglior sceneggiatura al mondo. I film in concorso erano affascinanti, da “La sala professori” a “Palazzina Laf”, ma si è ritenuto di scegliere “Anatomia di una caduta”, che si è aggiudicato i maggiori premi». Un successo a livello mondiale, grazie al quale marito e moglie hanno collezionato una sfilza di riconoscimenti, aggiudicandosi il festival di Cannes, il Golden globe, il David di Donatello e tanti altri premi.
«Justine e Arthur nella vita sono marito e moglie – commenta Finesi - hanno appena concluso un anno folle, nonostante abbiano figli ancora piccoli. È ormai più di un mese che non partecipano più a festival. Hanno ringraziato per il premio, anche per loro è stato un grande piacere». Un incontro che si è trasformato in una riflessione sul significato del distribuire in Italia produzioni filmiche di grande intensità. «Spesso chi fa distribuzione, come il caso della Teodora che è una società indipendente, acquista i film sulla base della sceneggiatura – rivela Finesi – Il che è un rischio».
«Siamo stati fra i primi a leggere la sceneggiatura in Italia. Prima di conoscerne il decorso, di buono aveva l’essere un film di genere, ricadendo nell’ambito del thriller». Un vantaggio che avrebbe consentito di proporlo a diverse fasce di pubblico. «Non avremmo mai potuto comprarlo dopo la vittoria della Palma d’oro – confessa – Anche se con una sceneggiatura di questo livello è facile riconoscere la qualità». Marito e moglie hanno iniziato la stesura della geniale sceneggiatura durante la reclusione forzata causata dalla pandemia. «Si destreggiavano fra un pannolino e una pappetta – ancora Finesi – per creare un’analisi spietata della vita di coppia».
«L’aspetto interessante è che la storia sia incentrata sulla scrittura e sulla creatività, dal momento che i protagonisti sono entrambi scrittori». Una scelta complessa, quella dei film da mostrare in Italia, strettamente correlata alla casa di distribuzione. Nel caso della Teodora, si tratta di una casa fondata nel 2000 dal giornalista, critico cinematografico, sceneggiatore e produttore Vieri Razzini, che insieme al socio Cesare Petrillo creò una struttura in grado di portare nelle sale italiane pellicole indipendenti, nazionali e internazionali, con un occhio al cinema classico.
Dopo la scomparsa di Vieri Razzini avvenuta un paio di anni fa, la casa ha subito un cambio di gestione che pare aver tenuto fede all’intuito precedente. «Il primo fattore convincente è la validità del film, in relazione al gusto personale. L’altro elemento consiste nell’individuare una chiave per proporlo al pubblico. Domandarsi quali siano gli argomenti, che tipo di trailer presenta, e quale campagna stampa possa essere effettuata. Un rischio alto, perché oltre alla qualità deve sussistere un appiglio per farlo funzionare. Se non fosse stato un film riuscito, avrebbe avuto comunque altre qualità perché funzionasse e suscitasse interesse nel pubblico».
L’attenzione si sposta quindi sul futuro del cinema di qualità, che secondo Finesi dovrebbe correlarsi con un numero non eccessivo di film in uscita. «Paradossalmente escono sempre più film, noi ne scegliamo fra gli otto e i dieci, cercando di curarne la distribuzione. Altri distributori mettono in sala 40 o 50 film, mi auspico che in futuro si applichi un filtro più ampio, perché si corre il rischio di ottenere solo un grande rumore di fondo». Una situazione paradossale innanzi alla quale le sale cinematografiche chiudono i battenti, un’impasse che secondo il rappresentante di Teodora potrebbe essere risolto diminuendo il numero dei film in uscita nelle sale.
«Venti o trent’anni fa la Rai faceva molto più cinema – rimarca – Oggi anche la Rai compra meno». La crisi più profonda è stata causata dal Covid, che in un primo momento ha imposto la chiusura delle sale, e successivamente il distanziamento dei posti a sedere. «Già negli anni Cinquanta e Sessanta si combatteva contro la tv – ricorda Longo – poi è arrivato Berlusconi, infine sono usciti i dvd. Il cinema, dal dopoguerra a oggi, ha sempre conosciuto queste battaglie. Una ripresa del post Covid che è stata difficilissima, nonostante la tax credit».
Molti, i film che non verranno presentati ai festival, e secondo Finesi la distribuzione nazionale dovrebbe investire maggiormente nei sogni e nelle idee, diminuendo la produzione, ma migliorandone la qualità. «In Italia non abbiamo neanche un tessuto di sale pronto ad accoglierle, è una battaglia continua. Ormai il pubblico che va al cinema è molto motivato, non è una questione di prezzo del biglietto». Statistiche alla mano, il mese di maggio è stato il peggiore in termini di incasso. Fino all’uscita di “Inside out 2”, che ha portato una boccata di ossigeno salvando anche le piccole sale.
Secondo il presidente di Anac Francesco Ranieri Martinotti, «ridurre la produzione non è facile. Quali film produciamo? Quali funzionano? È necessario essere più severi nella selezione dei film da produrre, perché si tratta di un problema etico».
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