Un altro stop alle preghiere a Monfalcone, Cisint: «Non comanda la legge coranica»

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Un altro stop alle preghiere a Monfalcone, Cisint: «Non comanda la legge coranica»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 21 Mar 2024
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Atteso entro una settimana l'incontro tra le parti. L'avvocato Latorraca: «L'amministratore comunale rispetti i doveri di reciproca collaborazione».

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«Oggi si conferma che quei due locali non sono deputati alla preghiera» esordisce così il sindaco Anna Maria Cisint nella conferenza stampa convocata qualche ora fa a Monfalcone, per commentare i decreti emessi dopo l'udienza camerale in sede giurisdizionale del Consiglio di Stato. Una tesi confermata anche dall’avvocato difensore Teresa Billiani, che ha partecipato in collegamento video. In data odierna, i giudici hanno emesso due ordinanze speculari firmate dal presidente Dario Simeoli che riguardano i centri Darus Salaam e Baitus Salat.

Secondo il legale del Comune, i decreti mettono – ancora una volta – sotto la lente «immobili carenti dei requisiti strutturali» e il Consiglio «fa propri dei principi inconfutabili». «La libertà di esercizio della religione non potrebbe di per sé giustificare una destinazione urbanistica di un’immobile diversa da quella impressa dai pubblici poteri nell’esercizio dell’attività conformativa in materia urbanistico edilizia» si legge dal decreto. Un aspetto definito «sostanziale» dal sindaco Cisint. Infatti, continua il decreto nei rilievi: «non potrebbe essere trasformato in una moschea o, allo stesso modo, in una chiesa per l’esercizio del culto religioso».

Ci sono poi due altri passi ripresi da Billiani. «La controversia investe problematiche complesse quali la destinazione urbanistica dell’area, la destinazione edilizia dell’immobile in rapporto ai titoli che ne hanno conformato la destinazione d’uso, anche in relazione all’osservanza degli standard di zona e tematiche che possono attingere le sfere dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza», proprio per questo «è necessario adottare misure interinali alternative che consentano ai credenti di poter comunque osservare le prescrizioni religiose (anche legate al periodo di Ramadan)».

Per l’avvocato Billiani «tutto è ruotato intorno a degli equivoci» sui precedenti pronunciamenti. «L’appellante – continua l’avvocato del Comune – ha promosso un contenzioso per chiedere di pregare a tutti i costi in quelle sedi dove era stato vietato».

I decreti ritengono pure che «l’ordinanza di primo grado vada confermata nella sola parte in cui ha respinto l’istanza cautelare volta ad utilizzare a fini di culto la sede sociale dell’associazione». Per ora quindi non si prega né in via Don Fanin né i via Duca d’Aosta ma «l’amministrazione è tenuta ad individuare, in contradditorio con gli interessati e con spirito di leale e reciproca collaborazione, siti alternativi accessibili e dignitosi per consentire ai credenti l’esercizio della preghiera, prendendo in attenta considerazione le osservazioni critiche mosse dall’associazione rispetto ai luoghi nel frattempo individuati dalla Questura».

La richiesta del Consiglio di Stato è quella che venga convocato entro 7 giorni un tavolo di confronto e che la questione venga risolta in modo celere. Sarà quindi “cura” del Tar esprimersi nel merito con sollecitudine. Il tema della vicenda non è più legato alla sospensiva ma alle ragioni di merito. «Il principio della leale collaborazione è stato mortificato per quanto è successo - commenta il primo cittadino – ma entro mercoledì prossimo il tavolo verrà convocato». L’appuntamento vedrà confrontarsi i dirigenti comunali, l’avvocato Billiani e l’avvocato Latorraca. «La legge italiana prevale sulla legge coranica» così Cisint in chiusura.

Per l'avvocato difensore delle comunità musulmane, Vincenzo Latorraca, «il Consiglio di Stato ha, incisivamente, richiamato l’amministrazione ai doveri di reciproca collaborazione ed ai valori che devono ispirare l’agire dei pubblici poteri».

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