Alessandra Braidot muore a 46 anni a Gorizia, «amava la sua famiglia e insegnare»

Alessandra Braidot muore a 46 anni a Gorizia, «amava la sua famiglia e insegnare»

il lutto

Alessandra Braidot muore a 46 anni a Gorizia, «amava la sua famiglia e insegnare»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 06 Mar 2024
Copertina per Alessandra Braidot muore a 46 anni a Gorizia, «amava la sua famiglia e insegnare»

Era socia dell'azienda di famiglia, impegnata nel lavoro ma soprattutto con la sua famiglia, il ricordo del marito Simone. Venerdì i funerali.

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Era una donna in carriera ma soprattutto un’amante della propria famiglia, con ancora molti sogni nel cassetto. Si è spenta a 46 anni Alessandra Braidot, socia dell’azienda di famiglia che importa e vende prodotti audio, a causa di una brutta malattia arrivata poco tempo dopo il giorno più bello: le nozze con Simone Marzaroli, nell’estate di due anni fa. È proprio il marito a ricordarla oggi, volendo precisare che sua moglie «non può essere fraintesa con quella di una donna con la 24ore sempre in mano, pronta a prendere aerei».

La donna che lui ricorda è sì un’imprenditrice ma «l’imprenditoria per lei era essere nata nell’azienda di famiglia. Nonostante avesse lauree e master per lavorare in tutto il mondo, aveva deciso di rimanere a Gorizia perché amava la sua famiglia». Loro due si erano conosciuti 12 anni fa, diventando ben presto una famiglia allargata con Carlotta, nata da un precedente matrimonio di Braidot, e Jakob e Martina, figli del suo compagno. A loro si è poi aggiunto Leonardo. «Non si è sottratta dall’essere anche madre» rimarca Marzaroli.

Con la voce rotta dall’emozione, ne ripercorre le grandi qualità umane che l’avevano sempre contraddistinta: «La sua idea di imprenditoria era lavorare, fare il suo dovere per dedicarsi poi alla casa e famiglia. Le piaceva organizzare le vacanze nella nostra casa in Austria, le sue passioni erano sciare e passeggiare». Anche se il suo mestiere le aveva permesso di conoscere personaggi come Renzo Arbore, «il suo idolo femminile non era certamente qualcuno di Confindustria. Il suo desiderio fin da piccola era insegnare».

La madre le aveva regalato da bambina un registro e una lavagnetta: «Faceva finto di insegnare ai suoi bambolotti. Quando l’azienda di suo padre non lavorava più come prima, aveva fatto anche l’abilitazione per insegnare Inglese alle scuole superiori». La passione per le lingue l’aveva portata a trascorrere un anno delle scuole superiori negli Stati Uniti, laureandosi poi alla Scuola interpreti e traduttori dell’Università di Trieste. Aveva poi insegnato anche in alcuni istituti cittadini, nonché come volontaria in parrocchia a Montesanto.

Proprio nella chiesa del suo rione si celebreranno i funerali, venerdì 8 marzo alle 11.

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