Il libro
Agnese Monferà racconta la ricostruzione del Santuario di Barbana

Uno studio che getta nuova luce, a settant'anni dall'ultima pubblicazione sul tema, sui lavori di ampliamento della chiesa e del convento nei primi vent'anni del Novecento.
Tra i santuari mariani più antichi d’Europa, Barbana, incastonato nella Laguna di Grado, mantiene un suo fascino del tutto particolare. Nel corso dei secoli, vari sono stati gli ordini che si sono susseguiti e numerose le figure dei padri guardiani, custodi della fede e della devozione di un intero Territorio.
A raccontare la storia architettonica degli interventi dell’ultimo secolo è Agnese Monferà con il suo “Il Santuario di Barbana”, frutto della tesi di laurea magistrale in Storia dell’Arte e Conservazione dei Beni Artistici ed Architettonici. Assieme alla relatrice, la professoressa Giuseppina Perusini, docente di restauro, ha deciso di studiare tutto il primo ventennio del Novecento al Santuario di Barbana. Ora il lavoro è stato rivisitato per essere fruibile al grande pubblico e a più lettori. La pubblicazione, lungimirante, è inserita all’interno delle Espressioni di Marca Aperta, casa editrice già nota a Grado e nel territorio goriziano per la pubblicazione dei due romanzi di Cristiano Meneghel. Il volume sul Santuario di Barbana, dopo la prima presentazione ufficiale il 26 giugno a Grado, è stato presentato ieri proprio sull’Isola alla presenza dell’editore e del priore dell’omonimo monastero, padre Benedetto Albertin Osb.
Un lavoro, quello di Agnese Monferà, per “approfondire la storia di un bene architettonico locale gradese anche perché non venivano pubblicati libri o approfondimenti storici e artistici da una settantina d’anni. L’unica pubblicazione completa, infatti, risale agli anni ’50 del Novecento per opera di padre Vittorino Meneghin. Da qui nasce una pubblicazione che vuole essere un accompagnamento alla chiesa del santuario” racconta l’autrice.
I lavori al santuario, va detto, “iniziano nel 1911 e si concludono nel 1914 prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e riguardano la parte anteriore della chiesa, in uno stile romanico rivisitato a cura dell’architetto Silvano Barich di Gorizia affiancato dall’impresario edile Dagostinis”. La parte del transetto e della zona absidale “vengono, invece realizzati dal 1922 fino al 1928 (campanile) in uno stile barocco rivisitato. Allontanato una prima volta, Barich viene poi richiamato dall’arcivescovo Borgia Sedej del quale era consulente architettonico”, conclude Monferà.
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