72mila metri cubi di ghiaia estratti dall'Isonzo, ira di Legambiente a Turriaco

72mila metri cubi di ghiaia estratti dall'Isonzo, ira di Legambiente a Turriaco

La nota

72mila metri cubi di ghiaia estratti dall'Isonzo, ira di Legambiente a Turriaco

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 18 Dic 2021
Copertina per 72mila metri cubi di ghiaia estratti dall'Isonzo, ira di Legambiente a Turriaco

Il sodalizio punta il dito sulle movimentazioni di materiale previste in zona. «Si redistribuisca piuttosto la ghiaia nell'alveo».

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“A distanza di cinque anni, ci saranno nuovamente ruspe e scavatori sull’alveo dell’Isonzo, in Comune di Turriaco, pronti ad estrarre 72mila metri cubi di ghiaie, questa volta da parte di Adriastrade”. Legambiente Monfalcone si chiede “come mai ciò possa accadere se interventi di manutenzione dell’alveo”, unici permessi dalla L.R. 11/2015 “sono realizzati prioritariamente attraverso la movimentazione del materiale litoide e, in subordine, nel caso in cui detta movimentazione non sia sufficiente a ripristinare la sezione dell’alveo e delle golene, sono attuati attraverso l’estrazione e l’asporto del materiale litoide” dal momento che, per quanto riguarda il trasporto solido, l’Isonzo è un corso d’acqua con disconnessione totale a monte (allegato 1 del DGR 676/13) in quanto la “diga di Salcano intercetta completamente il trasporto solido,” ed “essendo ubicato in zona di pianura, non avrà più possibilità di essere alimentato..”; anche l’affluente Torre non è di grande aiuto, in quanto “presenta una graduale tendenza ad approfondire il fondo dell’alveo in conseguenza di un ridotto apporto di materiale solido determinato dalla presenza della diga di Crosis e dalle escavazioni in alveo verificatesi intorno agli anni ’70 e ’80”. Di conseguenza, il DGR qualifica l’Isonzo come fiume a ricarica alterata, in cui non sono ammessi interventi di estrazione intensivi ma solo “interventi localizzati finalizzati alla conservazione e ripristino delle sezioni di deflusso che comportano un’estrazione non superiore a 10.000 mc solamente nel caso di evidenti e puntuali situazioni di dissesto causate da accumulo di sedimenti che possono creare problemi per la sicurezza idraulica, qualora non sia tecnicamente ed economicamente possibile la sola movimentazione dei sedimenti”.

Vari studi commissionati da enti pubblici, così come quelli effettuati dai geologi Maurizio Comar e Giorgio Fontolan dell’Università di Trieste e presentati in recenti conferenze pubbliche, sono giunti alla stessa conclusione: anche in risposta all’innalzamento del livello del mare come conseguenza dei cambiamenti climatici, i sedimenti fluviali, abbondantemente prelevati nei decenni passati, devono ora rimanere nell’alveo, e utilizzati per equilibrare le situazioni di deposito ed erosione.

Legambiente si chiede allora come mai, dal 2003 al 2013, sono stati prelevati dall’Isonzo 28.901 metri cubi di ghiaie, ai quali vanno aggiunti i 75mila metri cubi concessi dalla Regione a Cave Giuliane nel 2016 a Turriaco, e altri 72mila metri cubi lo saranno a breve.

“L’escamotage c’è e si chiama riqualificazione fluviale, per il quale l’asporto può essere autorizzato ad un privato, in questo caso Adriastrade, purché presenti un progetto atto a riqualificare il fiume e paghi a regione e comuni il canone demaniale, calcolato in base ai prezzi di mercato (metà alla Regione, metà ai Comuni, sia dove c’è l’estrazione che a quelli interessati dal trasporto sulla viabilità locale), in barba a tutti gli studi che gli stessi enti pubblici hanno commissionato. Per questo genere di intervento non si danno regole precise, ma indirizzi quali la sicurezza idraulica e il rallentamento e trattenimento della portata, evitando canalizzazioni”, prosegue Legambiente che si chiede “come l’asporto di 72mila metri cubi di materiale possa evitare l’abbassamento della linea di fondo fluviale, con probabile innesco di erosione a valle e a monte dell’intervento, peraltro già in atto in vari tratti del fiume, soprattutto in quello terminale. La movimentazione di soli 6mila metri cubi a ripascimento delle sponde, prevista dal progetto, ci pare il classico cavallo di Troia per ottenere l’autorizzazione regionale”.

Le norme affermano che la riqualificazione fluviale deve essere “valutata a scala di bacino idrografico. Nel limitrofo Comune di San Canzian d’Isonzo la regione FVG ha affidato al Consorzio di Bonifica della Venezia Giulia (ex Bassa Pianura Isontina) la messa in sicurezza del tratto fluviale (sponde ed alveo) tra i due ponti ferroviari, richiesta dalle FFSS. Anche qui è previsto il rimodellamento dell’alveo, senza però asportare le ghiaie ma solo movimentandole allo scopo di riportare il flusso in posizione centrale, per ridurre l’erosione in sponda destra. A rigor di logica dovrebbero essere valutate le sinergie tra i due progetti che insistono su due tratti contigui del fiume per quanto riguarda l’assetto idromorfologico che lo stesso verrebbe ad acquisire, e se sia stato prodotto il modello matematico idrodinamico bidimensionale a fondo mobile previsto dal DGR 676/2013 per riqualificazioni fluviali con volumi superiori a 50.000 mc, per valutare gli effetti dell’intervento, ed evitare i rischi di erosione”, continua il sodalizio verde.

“Dal punto di vista degli ecosistemi fluviali, la movimentazione di tale quantitativo di materiale, per quasi 2/3 dell’anno (210 giorni) non potrà non avere ripercussioni negative in un ambiente a ridosso di una riserva fluviale, già fortemente deturpato e manomesso. Continuando a prelevare ghiaie si renderebbe l’erosione dell’alveo ed il degrado dell’ambiente fluviale irreversibile. “Serve, quindi, una moratoria a tutti gli interventi di asporto delle ghiaie, un aggiornato e qualificato studio sulla situazione attuale a scala di bacino e interventi progettati dalla Regione che tengano conto della riqualificazione fluviale per la sicurezza idraulica ma anche per ridare naturalità al fiume, come peraltro la stessa LR 15/17 prevede”, conclude Legambiente.  

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