Il 25 aprile in ricordo al lager di Visco, «diventi monumento nazionale»

Il 25 aprile in ricordo al lager di Visco, «diventi monumento nazionale»

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Il 25 aprile in ricordo al lager di Visco, «diventi monumento nazionale»

Di Redazione • Pubblicato il 24 Apr 2022
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La richiesta dello storico Ferruccio Tassin per tutelare il luogo storico.

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Anche quest'anno, arriva l'appello di ricordare il 25 aprile in uno dei luoghi più segnati dalla Seconda guerra mondiale del territorio: l'ex campo di concentramento di Visco. A lanciarlo è lo storico locale Ferruccio Tassin, che ricorda come l’ex caserma Luigi Sbaiz fu il più grande ospedale militare attendato d’Italia nella Grande guerra, dove vi morirono oltre 500 militari italiani, austroungarici, e numerosi civili. Fu poi campo per i profughi dei paesi sulla linea del Piave, deposito di artiglieria e presaga fabbrica di filo spinato. Dal febbraio al settembre 1943, internò civili della Jugoslavia.

"Il luogo su cui sorge è stato per cinque secoli sul confine fra etnie e culture - ricorda Tassin -: latina a ovest; slava, tedesca e ungherese a est. Dal settembre ’43 al 1945, deposito della Wehrmacht, il 5 ottobre 1944, venne assaltato da un gruppo di partigiani e fu asportata una grande quantità di armi. Nel 1945 vi furono prigionieri 20mila fra Centici e Domobranci disarmati dagli inglesi. Nel 1947 base di partenza per carabinieri e finanzieri che andarono a riprendere possesso di Gorizia; dal 1947 al 1996 caserma per decine di migliaia di giovani; fra essi, il fumettista Bonvi e il cantante Sergio Endrigo".

"Per la singolarità, la posizione e il forte valore storico e simbolico, la Soprintendenza ha vincolato il cuore del campo ancora intatto in 20 edifici in muratura (circa 70mila metri quadri)". Lo storico punta il dito contro l'amministrazione comunale, proprietaria dell'area: "Ha lasciato cadere due volte contributi regionali per studiale la valorizzazione del campo", chiedendo "la riduzione del vincolo della Soprintendenza. Un tempo parlava di quantità di metri quadrati da destinare alla memoria ma i tentativi per limitare il vincolo sono - fortunatamente - falliti".

"Ora - rimarca - si cerca di ridurre il problema all’eternit sui tetti delle costruzioni (l’azienda sanitaria ha constatato che, per ora, non c’è dispersione di fibre di amianto), facendo declinare il grande valore storico e morale del campo al solo problema di sicurezza. L’amianto è una motivazione reale, ma strumentalmente usata. Difatti ci sono, periodicamente, gli operatori con i cani da catastrofe e c’è la sede della Protezione civile… Certamente ci sarà il problema della sicurezza, ma con questo argomento non si può scusare il disinteresse per l’aspetto storico e il divieto alle visite".

"Forse è ora di affrontare il problema alla radice, riconoscendo il sito - come richiesto dal grande scrittore Boris Pahor - monumento nazionale, togliendolo dalle mani di chi, palesemente, non lo sa valorizzare. Per questo l’appello è alla politica: faccia la sua parte! Ma, a premessa, giù le mani dal campo! Si lascia che tutto crolli e, ultima vergogna, si è impedita anche la vista del campo con un indegno 'oscuramento'. Per questo, il 25 aprile troviamoci sul sito del campo: sarà una forma di solidarietà e di partecipazione".

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