Quando il sogno diventa rifugio: 'Le notti bianche' alla Sala Bergamas

Quando il sogno diventa rifugio: 'Le notti bianche' alla Sala Bergamas

SALA BERGAMAS

Quando il sogno diventa rifugio: 'Le notti bianche' alla Sala Bergamas

Di Eliana Mogorovich • Pubblicato il 20 Gen 2025
Copertina per Quando il sogno diventa rifugio: 'Le notti bianche' alla Sala Bergamas

Arriva a Gradisca d'Isonzo lo spettacolo inserito nel cartellone di 'Innesti'. A dar vita alle parole di Dostoevsky Alma Poli e Diego Finazzi.

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Il sogno, la solitudine, una realtà da cui si cerca di fuggire raggiungendo un mondo di illusioni che, come in un circolo vizioso (o virtuoso) alimentano a loro volta la fantasia. In scena alla Sala Bergamas da giovedì 23 a sabato 25 gennaio, “Le notti bianche” si ispira all’omonimo racconto di Dostoevsky. Portato in scena da Alma Poli e Diego Finazzi diretti da Stefano Cordella, lo spettacolo segna la ripresa dop a pausa natalizia della rassegna “Innesti. Connessioni teatrali affatto prevedibili”, promossa da a.ArtistiAssociati Centro di produzione teatrale. Abbiamo chiesto ai due protagonisti di introdurci il loro lavoro.

Lo spettacolo dal vostro punto di vista.
Alma: Per me Notti Bianche è frutto di un lavoro ed è un percorso che dura da più di un anno, che mi ha accompagnata ed è cresciuto con me. È uno spettacolo che mi sta permettendo di esplorare sempre più a fondo l'interiorità di una ragazza che ha un desiderio e un bisogno d'amore fortissimi. Per questo compie delle scelte con le quali, grazie all'incontro con il sognatore, è costretta a confrontarsi.
Diego: Si tratta di uno spettacolo delicato, che riesce a portare un forte carico emotivo senza perdere la sua leggerezza.

Cosa vi attrae di Dostoevsky?
A: Avevo letto il testo a scuola ma quando ho fatto il provino l'ho molto approfondito per prepararmi. Ho sentito subito un legame con la storia, ho riconosciuto delle dinamiche che sono appartenute a tutti durante gli anni della formazione emotiva. Penso che Dostoevsky abbia centrato perfettamente il senso di solitudine che accompagna il processo di trasformazione che compiono i due personaggi. Inoltre, caratteristica comune ai grandi scrittori russi, i suoi personaggi hanno una tridimensionalità derivante dai numerosi e improvvisi cambi emotivi che costringono a tenere sempre l'attenzione altissima sul processo interiore che stai compiendo in scena e perciò, senza accorgerti, ti trovi davanti delle anime scoperte.
D: Il testo lo avevo già letto qualche anno fa, e già allora mi aveva commosso tantissimo. La cosa che sempre mi colpisce dei racconti di Dostoevskij è la dolce malinconia che ne traspare: sensazione che ho provato ogni volta in cui mi sono relazionato con questo scrittore.

Quali modifiche sono state apportate rispetto al testo originale?
A: Per lavorare allo spettacolo siamo partiti da una serie di improvvisazioni sul testo e sulle situazioni proposte dall'autore ma senza il vincolo preciso delle parole. Il testo è derivato dall'incontro tra Elena Patacchini, Dostoevsky e le nostre improvvisazioni in scena guidate da Stefano (il regista, ndr). É stato molto interessante vedere quanto in realtà il personaggio del sognatore fosse estremamente attuale già nella scrittura originale. Per Nasten'ka invece abbiamo cercato di attualizzare soprattutto la sua situazione famigliare, renderla meno assurda, estrapolando la “metafora” dell'essere legata con lo spillo alla nonna per andare a fondo di cosa significhi e cosa può succedere in quelle situazioni in cui per prenderti cura di qualcuno che ami arrivi ad annullare te stessa.
D: Il testo è stato modificato prendendo molto spunto dalle vite di noi attori attraverso delle improvvisazioni. Fondamentalmente, avendo il testo come riferimento, eravamo poi liberi di parlare delle nostre vite, sempre cercando di non sviare dal filo del racconto.

Cosa avete cercato di sottolineare nel vostro ruolo?
A: Mi sono concentrata sulla solitudine, sul bisogno d'amore e sull'annullamento che questo può comportare. Soprattutto però ho cercato di capire che valore abbia per Nasten'ka l'incontro con il sognatore, quale tipo di cambiamento le provochi.
D: Personalmente mi sono concentrato molto sul modo in cui il Sognatore tratta questo incontro, cosa significa per lui il fatto di poter finalmente comunicare a qualcuno il suo mondo interiore.

Quale sentimento sentite più vicino fra quelli che emergono nella storia?
A: Tutti i sentimenti descritti sono estremamente umani, legati alle fragilità, perciò mi ci riconosco. Forse quello che mi tocca di più è la sensazione che hai quando ti rendi conto che tutto ciò che credevi vero era solo un'illusione
D: Quello con cui sento di poter empatizzare di più è decisamente il sentimento di solitudine che il mio personaggio prova: in molte occasioni ne ho sofferto e in altrettante invece ho cercato di preservare questo mio stato. La solitudine è una sensazione davvero sfaccettata.

Lo spettacolo cosa può comunicare all’uomo contemporaneo, così poco sognatore e molto calato nella vorticosità dei ritmi?
A: A volte la felicità o il conforto per una situazione che sembra irrisolvibile si possono trovare anche nell'immaginazione. Quindi direi di non fermarsi sempre al primo strato di realtà perchè per indagare le parti più profonde e velate della nostra anima e dei nostri dolori c'è bisogno di staccarsi dalla logica e iniziare a buttarsi nelle proprie emozioni senza paura delle conseguenze.
D: Paradossalmente nella storia traspare la negatività del continuo sognare da parte del protagonista. Questo, oggi, riesce a creare secondo me un parallelismo con l'automatismo con il quale conduciamo le nostre vite, che ci impedisce di relazionarci veramente con qualcuno.

A Gradisca d'Isonzo lo spettacolo è inserito in una rassegna di piéce di nicchia, pensata anche per avvicinare un pubblico giovane: perchè una ragazzo dovrebbe venire a vederlo?
A: Perchè probabilmente sono gli adolescenti quelli più capaci di compiere il processo descritto dall'autore perciò per i ragazzi c'è un vero rispecchiamento nella situazione che vivono i due personaggi. L'illusione, la delusione amorosa, l'inganno innocente derivante dalla confusione emotiva, sono tutte emozioni che si elaborano e che possono aiutare i ragazzi a comprendere qualcosa che stanno attraversando ma che non riescono a nominare
D: Credo che in uno spettacolo di questo tipo sia molto facile immedesimarsi. Penso che sia il modo migliore per osservare le proprie lotte interiori dall'esterno, così da comprenderle meglio. 

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