LE CERIMONIE
Monfalcone onora il 25 aprile: forte richiamo alla Pace e al disarmo

Evento partecipato nonostante la pioggia. Presenti Anpi e sigle sindacali. Fasan, «festa in cui ci si riconosce collettivamente».
La pioggia battente non ha scoraggiato quanti - si stima siano stati almeno 200 - a Monfalcone hanno preso parte al corteo e alle commemorazioni che si sono svolte stamane, venerdì 25 aprile, in occasione dell'80esimo anniversario della Festa della Liberazione. La città ha ricordato chi ha fatto parte della Resistenza e ha perso la vita nella Lotta di Liberazione. Come da tradizione, il corteo composto dalle autorità civili e militari, dai sindacati, dall’Anpi e dalla cittadinanza, ha preso il via da Piazzale Aldo Moro, davanti all’ospedale San Polo. La prima sosta commemorativa ha avuto luogo in largo Federico Pacor, caduto partigiano, al monumento eretto alla Gloria dei 26 partigiani caduti e dispersi per la libertà.
Qui, dopo la deposizione delle corone, ha preso la parola Luca Meneghesso dei Giovani Anpi Monfalcone. «Partigiani, Resistenza e Antifascismo sono parole che a Monfalcone oggi forse fanno paura - afferma Meneghesso - sono sparite da placati e manifesti». L'esponente ha ricordato i tratti essenziali del partigiano Federico Pacor. Meneghesso ha pure espresso la contrarietà alle recenti linee guida scolastiche del Ministro Valditara e agli ultimi decreti Sicurezza che «colpiscono le manifestazioni giovanili, i diritti delle donne e quelli di lesbiche, gay e transessuali». Non ha taciuto sulla Palestina esprimendo la contrarietà sulla partecipazione della della Nazionale Israeliana all'odierna Coppa Montes. Paragonati i Cpr ai lager nazisti. «Oggi non celebriamo i morti, il 25 aprile è e deve essere una festa».
Il corteo ha poi sostato al monumento di Aris, quello dedicato ai 14 Eroi del Popolo caduti per la libertà dove è intervenuto Livio Ceschia di Fiom Cgil per il Comitato Unitario Antifascista Fim Fiom Uilm delle Rsu di Fincantieri. Aprendo il suo discorso, Ceschia ha ricordato la scomparsa del Santo Padre Francesco, attento al sociale e al mondo del lavoro. «Starebbe nelle piazze insieme a noi» ha commentato. Il sindacalista ha espresso un forte appello alla pace e ha pronunciato un chiaro no al riarmo.
«La lotta popolare di Liberazione ha visto 503 operai italiani e sloveni del Cantiere caduti nella Resistenza». Ceschia non ha dimenticato i pestaggi dei fascisti sugli operai del Cantiere ai cambi turno, le fucilazioni di massa e le «selvagge razzie commesse sulle popolazioni del Carso». Ricordati anche i rastrellamenti nazifascisti nella vicina Ronchi dei Legionari .
La tappa conclusiva delle cerimonie, ha avuto luogo al cimitero di via 24 Maggio davanti al monumento dei Partigiani Garibaldini Martiri per il Supremo Ideale di Libertà e Democrazia.
Fra Roberto Benvenuto ha impartito la benedizione delle corone e sui presenti chiedendo che questo momento aiuti a ripensare e coltivare sentimenti di pace su esempio di Papa Francesco e don Tonino Bello. Giovanni De Manzini, presidente Assoarma non ha parlato in segno di rispetto al proclamato lutto nazionale per la scomparsa del Pontefice. Presente al campo santo anche il rappresentante della comunità slovena e vicepresidente regionale dei Combattenti di Nova Gorica, Borut Lenut.
Manuela Musina dell'Anpi di Monfalcone ha parlato a difesa della sovranità popolare e del lavoro, fondamento centrale della Repubblica Democratica. Richiamato anche il Manifesto di Ventotene. «L' Europa dei Popoli deve tornare, non quella dei riarmo» così Musina che da atea ha ricordato l'ultimo monito del Papa, pronunciato con un filo di voce nel giorno di Pasqua: «Nessuna Pace è possibile senza un vero disarmo».
L'intervento di chiusura è spettato al sindaco affiancato dagli assessori Tiziana Maioretto e Fabio Banello. «Il modo migliore per festeggiare questa ricorrenza è quello di ricordare a noi stessi e a tutti che il 25 aprile è la Festa della Libertà - sono state le parole di Fasan - ed è la festa in cui possiamo riconoscerci collettivamente perché per questo obiettivo si sono spesi e hanno combattuto generosamente tante diverse realtà compiendo il proprio dovere fino all' estremo sacrificio». E ancora il primo cittadino: «Uomini e donne delle nostre fabbriche si mobilitarono sin dal marzo del 1943 come ci ricorda il monumento alle 503 vittime poste all'ingresso dei cantieri navali, hanno pagato un pesante tributo di vite umane».
Foto Enrico Valentinis
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