Gli eventi
Andolšek apre la rassegna del Kinoatelje: «Siamo ancora schiacciati dal sistema»
La pellicola, 'To je rop' ('Questa è una rapina'), è ambientata ad Ajdovščina, luogo di ispirazione per il regista. «Luogo magico e senza tempo, ci trascorrevo l'infanzia».
Classe 1979, Gregor Andolšek è da poco approdato alla commedia con il film “To je rop!” (“Questa è una rapina!”, 2024), che verrà proiettato per la prima volta con i sottotitoli italiani giovedì 9 gennaio alle ore 20 presso il Kinemax di Gorizia. La serata rappresenta una preziosa occasione per incontrare il regista nell’ambito della Rassegna dei film sloveni in Italia organizzata dal Kinoatelje, la cui presentazione ufficiale si terrà a Gorizia l’8 gennaio presso BorGo Cinema.
Dopo i primi cortometraggi “Srecna mladina” (“Gioventù felice”, 2004) e “Entre Potes” (“Fra amici”, 2007), Andolšek prosegue con “Zgodbe iz zekreta” (“The pursuit of happiness”, 2014), per poi dirigere la serie televisiva “Dragi sosedje” (“Dear neighbors”, 2017 - 2018), insieme a Dejan Karaklajić, Tijana Zinajić, Jaša Jamnik e Marko Manojlovic. Fino a portare alla luce “To je rop!”, brillante commedia che ruota intorno al protagonista Rajko, mago per professione che si è rotto un braccio durante uno dei suoi spettacoli. A causa di un errore burocratico la compagnia di assicurazioni Tangenta gli rifiuta le prestazioni assicurative, e l’unico disposto ad aiutarlo sarà Marcel, che rapisce l’amministratore delegato costringendo Rajko alla fuga.
Un mix di colpi di scena e azione con il collante dell’ironia, dove persino il titolo sembra ammiccare alla celebre battuta della coppia italoamericana Bud Spencer/Terence Hill. Matt e Wilbur sono i due ladruncoli di “Due superpiedi quasi piatti” (1977) costretti a trasformare la frase «Questa è una rapina» in «Questa è proprio una bella giornata» non appena la porta si apre sull’ufficio della polizia, arruolandosi per una serie di coincidenze come accade a Rajko, che diviene complice involontario di Marcel. Ed è proprio l’ironia la chiave interpretativa dell’ultima opera di Andolšek, come lui stesso ammette.
Dove ha compiuto i suoi studi e a quali registi si è ispirato? So che ha conseguito la laurea in regia presso l’International Film School della Ville Lumière, città ideale per imparare la vita…
Ho studiato alla Eicar film school di Parigi, una scelta dettata dalla logica, considerate le mie origini. Facendomi crescere intriso di cultura francese – soprattutto attraverso la musica, i film e i fumetti – mia madre mi ha avvicinato alle opere di Jaques Tati fin dalla più tenera età, incoraggiandomi a crearmi un’opinione. Ancora oggi ne apprezzo le intuizioni e le sue opere.
Ritiene che l’umorismo possa rappresentare un linguaggio universale in grado di unire le civiltà?
È esattamente questo il tema del film. Era questa la nostra missione: affrontare il tema universale della piccola persona che si contrappone al sistema, con uno stile che richiami alla commedia. D’altronde, il contrasto fra tematiche seriose e la narrazione tipica della commedia è qualcosa che mi ha sempre affascinato.
Durante una sua celebre intervista, Woody Allen afferma: «Non mi piace il mondo reale. È meglio la vita nei film». Si ritrova, in questa dichiarazione?
Non ne sono convinto. Credo che talvolta il mondo reale possa essere piuttosto piacevole e io adoro osservarlo, con tutta la natura umana che racchiude.
Possiamo considerare il suo ultimo film una critica al consumismo e al bieco capitalismo?
Certamente. È evidente che questi temi ricorrenti persistano negli annali del cinema e della letteratura, suggerendo come la natura umana rimanga sostanzialmente immutata. L’avidità continua a essere una forza pervasiva e gli individui sono ancora suscettibili di sentimenti d’insignificanza, schiacciati dal sistema che li stritola. Questo fenomeno si estende al di là delle mere strutture finanziarie e della corruzione individuale, abbracciando uno spettro più ampio di istituzioni sociali. Purtroppo, ciascuno di noi può empatizzare con l’esperienza dell’essere il numero insignificante di una lunga coda.
Il film è stato ambientato ad Ajdovščina, nella Valle della Vipava. Cosa l’ha attratto di queste terre?
Da bambino ero solito trascorrere le vacanze in una bella casa a Manče, vicino Vipava. Era una straordinaria vecchia dimora, sede di un ex mulino. Non avevamo elettricità o tante altre cose, ma passavamo il nostro tempo lì a lume di candela, con il fuoco e il forno per il pane, trascorrendo serate incantevoli. E così, Vipava mi ha lasciato un ricordo indelebile, come di un luogo magico senza tempo dove i miei personaggi trovano rifugio.
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