Caso Martina Oppelli, l'azienda sanitaria Asugi conferma il no al suicidio assistito

Caso Martina Oppelli, l'azienda sanitaria Asugi conferma il no al suicidio assistito

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Caso Martina Oppelli, l'azienda sanitaria Asugi conferma il no al suicidio assistito

Di Redazione • Pubblicato il 28 Ago 2024
Copertina per Caso Martina Oppelli, l'azienda sanitaria Asugi conferma il no al suicidio assistito

L'organismo ha ritenuto che, anche alla data attuale e nonostante il peggioramento lamentato dalla paziente, la stessa non possa ritenersi mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

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L'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina comunica che lo scorso 8 agosto, gli organismi tecnici individuati dalla stessa hanno concluso, nei tempi e nelle modalità indicate dal giudice del tribunale ordinario civile di Trieste, le valutazioni per verificare la sussistenza dei requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito e per garantire la tutela della condizione di fragilità della paziente. Il tutto fa riferimento al caso di Martina Oppelli, donna di Trieste che già in passato ha richiesto di poter accedere alla misura all'Asugi.

Come noto, si è trattato della seconda valutazione operata dagli organismi tecnici dell’Azienda sanitaria, che nella valutazione risalente alla fine dello scorso anno (2023) avevano escluso che la donna avesse titolo per accedere alla procedura di suicidio assistito in quanto non mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Commissione tecnica multidisciplinare per l’accertamento dei requisiti, individuata da Asugi (con giudizio condiviso anche dal Nucleo etico per la pratica clinica, cui in caso è stato sottoposto) ha confermato gli esiti della precedente valutazione.

L'organismo ha ritenuto che, anche alla data attuale e nonostante il peggioramento lamentato dalla paziente, la stessa non possa ritenersi mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La commissione ha provveduto all’analisi del caso e a operare le proprie valutazioni sulla scorta di «un rigoroso approccio metodologico che ha assunto quale base di partenza le indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale (con i noti pronunciamenti n. 207/2018, 242/2019 e 135/2024) e dai precedenti giurisdizionali che in questi anni hanno contribuito a tracciare i confini di un accertamento (quello del mantenimenti in vita da trattamenti di sostegno vitale) che ancora oggi, nonostante la crescente domanda, non ha un riferimento normativo».

Lo rendo noto la stessa Asugi, che rileva come «la valutazione operata dalla Commissione riflette, in particolare, la posizione assunta della Corte Costituzionale nella recente ordinanza n. 135/2024 (preceduta da un parere del Comitato Nazionale di Bioetica approvato a maggioranza) che ha chiarito che la dipendenza dall’assistenza di terzi integra il requisito necessario all’accesso al suicidio assistito solo ove comporti l’esecuzione di trattamenti di tipo sanitari (senza i quali la porte del paziente interverrebbe anche in tempi relativamente brevi) in mancanza dei quali il requisito non è integrato e la dipendenza dell’assistenza di terzi non assume rilevanza decisiva».

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