L'antico vino degli imperatori ritorna a Duino, il progetto sul fondo del fiume Timavo

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L'antico vino degli imperatori ritorna a Duino, il progetto sul fondo del fiume Timavo

Di Federico De Giovannini • Pubblicato il 23 Set 2024
Copertina per L'antico vino degli imperatori ritorna a Duino, il progetto sul fondo del fiume Timavo

Oggi la presentazione del progetto, a menzionare questo vino fu già Plinio il Vecchio nella sua enciclopedia Naturalis Historia circa duemila anni fa.

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Una nuova e originale proposta vinicola contraddistinta da un procedimento di affinamento unico nel suo genere e da un radicato legame con la storia e il territorio. Così può essere riassunto “Pucīnum – Il vino dell’imperatrice Livia”, progetto ideato e concretizzato da Maurizio Lenarduzzi, titolare di Marina Timavo, e presentato oggi in mattinata a Villaggio del Pescatore presso l’ittiturismo “La Canociada” davanti a un pubblico di autorità civili, produttori e imprenditori del settore turistico e vitivinicolo italiani e sloveni. L'obiettivo ora è portare per la prima volta questo prodotto sul mercato, grazie proprio allo storytelling che affonda le radici nell'antica Roma.

Dopo i ringraziamenti e i saluti da parte delle autorità presenti - ossia il sindaco di Duino Aurisina Igor Gabrovec, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l’assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro - Lenarduzzi ha illustrato la genesi e le tappe di realizzazione del progetto, a cominciare dall’affascinante retroterra storico a cui esso fa riferimento.

“Pucīnum” è infatti il nome con cui, sin dai tempi dell'Urbe, era conosciuto un particolare vino prodotto nella località di Castellum Pucīnum, a ridosso delle risorgive del misterioso fiume Timavo. A menzionarlo duemila anni fa fu Plinio il Vecchio nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, di fatto l'unica fonte a riguardo, nella quale descrive le inconfondibili caratteristiche carsiche del luogo in cui veniva coltivato il vitigno: un colle sassoso accarezzato dalla brezza marina, la cui peculiarità rendeva il vino adatto anche all’uso medico. La sua fama, però, si deve soprattutto alla figura di Livia, seconda moglie dell’imperatore Ottaviano Augusto vissuta fino a 86 anni (età da record per l’epoca), la quale ne faceva un uso esclusivo e quotidiano.

«Secondo Plinio, il motivo della longevità di Livia stava proprio nel fatto che ella bevesse ogni giorno il vino di queste zone – racconta l’amministratore di Marina Timavo - da queste premesse storiche, suggeriteci durante una visita guidata alle bocche del Timavo due anni fa, è nato il progetto “Pucīnum”: abbiamo deciso di iniziare un percorso per dare nuova vita al vino dell’imperatrice Livia».

Ricavato da uva vitovska autoctona di prima qualità rigorosamente coltivata sul Carso e spumantizzata con metodo classico, il vino Pucīnum, il cui marchio è attualmente già stato registrato, si contraddistingue per la tecnica sperimentale di affinamento subacqueo delle bottiglie. Dopo una maturazione durata nove anni, esse sono state infatti mantenute per un anno intero in immersione nelle turbolente acque delle bocche del Timavo ad una temperatura costante di 8 gradi centigradi e in una condizione di semibuio che le ha protette dagli effetti della luce solare.

«Considerando che proprio sul fondo del fiume Timavo furono ritrovate anfore che, si dice, contenessero vino, abbiamo avuto l’idea di affinarlo sott’acqua, mettendo le bottiglie all’interno di gabbie da noi stessi costruite e attualmente in fase di brevetto per avere prestazioni superiori a quelle convenzionali» prosegue Lenarduzzi. Le gabbie sono state immesse manualmente in acqua dai sub di una ditta specializzata, mentre l’azienda TBL Systems si è occupata del monitoraggio costante dei parametri subacquei tramite una tecnologia derivata dall’Internet of Things.

Al termine della presentazione, concepita come punto di partenza per sondare l’interesse di produttori e imprenditori locali verso la proposta, una degustazione esclusiva del peculiare vino accompagnata dal commento di Liliana Savioli, sommelier e collaboratrice per le riviste Fuocolento e Travel Wine. La giornalista ha sottolineato il particolare mutamento a livello gustativo e nella qualità delle bollicine da lei stessa riscontrato dopo l’affinamento subacqueo e ha rilevato come, nonostante il lungo processo di maturazione, il vino rimanga fresco e cremoso senza presentare alcun “sentore di passato”.

L’evento si è infine concluso con l’assegnazione di uno speciale riconoscimento a Lenarduzzi da parte di Serafino Marchiò, presidente dell’associazione Airsac Europa.

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