Le esequie
L'addio di Gorizia a don Giuseppe Baldas, «ha portato il Vangelo nel mondo»
Sant'Ignazio gremita per i funerali. Nutrita delegazione dalla diocesi di Iaşi, aiutata da don Peppino assieme a quella di Bouaké.
C’è stato chi è entrato in chiesa e, in silenzio, ha raggiunto il feretro di monsignor Giuseppe Baldas, per tutti “don Peppino”, fermandosi per una preghiera e sedendosi tra i banchi in silenzio. C’è stato chi ha trattenuto le lacrime cercando nelle alte arcate della chiesa di Sant’Ignazio confessore, nel cuore di Gorizia, la forza per non sciogliersi in pianto. C’è stato chi, ritrovando amici e persone con le quali ha lavorato, si è fermato per una chiacchierata in ricordo “dei tempi andati”, di quando quel don Peppino trascinava volontari e volontarie in giro per il mondo ad aiutare gli altri, a organizzare mercatini missionari e mostre per raccogliere fondi da destinare ad altri cristiani meno fortunati.
Don Peppino, nella limpidità della propria fede, ha raccontato una Chiesa in grado di muoversi nel mondo e di tendere la mano fuori da ogni schema: l’arcidiocesi di Gorizia, durante la direzione dell’ufficio missionario di monsignor Baldas, era la più attiva in rapporto alla popolazione. In Italia, senza ombra di dubbio, un esempio da seguire. A confermarlo, oggi, tra le navate, i tanti coi capelli bianchi e gli occhi lucidi pronti a salutare don Giuseppe, i numerosi sacerdoti da Romania e Costa d’Avorio, il vescovo ausiliare di Iaşi, Petru Sescu, accompagnato da tre preti rumeni e, non ultima, la chiesa gremita come nelle grandi occasioni.
«Don Giuseppe è stato uno scrigno e non solo di fatti e racconti, ma di molto di più. Senza pretendere di entrare nel segreto del suo cuore, che solo Dio conosce fino in fondo, perché Lui, come afferma Sant’Agostino, “è più intimo a me di me stesso”», così l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Redaelli, che ha presieduto la celebrazione eucaristica, nell’omelia.
«Don Giuseppe ha preso molto sul serio quanto il Risorto ha detto ai suoi apostoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». E ha condiviso fin dall’inizio la convinzione del vescovo Pietro Cocolin, don Giuseppe si è messo fin dall’inizio a servizio dell’azione missionaria promossa da questo vescovo e poi rilanciata da padre Bommarco e seguita da monsignor De Antoni. Lo ha compiuto facendo crescere in sé un desiderio che si era manifestato, come lui stesso racconta, ancora prima di diventare sacerdote. Un desiderio che proprio monsignor Cocolin, chiedendogli di continuare a essere segretario dell’arcivescovo e insieme nominandolo segretario dell’Ufficio Missionario Diocesano, ha trasformato in un servizio non sul campo, ma all’interno di una Chiesa destinata a essere sempre più missionaria», così monsignor Redaelli.
Il presule si è soffermato sulla «fede esemplare e serena con cui ha affrontato l’ultima malattia e la prospettiva della morte, di cui era consapevole con grande lucidità. Una fede manifestata anche negli ultimi giorni in ospedale. Una fede così non la si improvvisa, ma è frutto di una vita di preghiera, di un intenso rapporto con Gesù, di un affidamento tenero e affettuoso a Maria. Una testimonianza di fede, la sua, che diventa sostegno per chi sente più forte la sofferenza del distacco», ha concluso l’arcivescovo.
Accanto a Redaelli e Sescu, sull’altare, i sacerdoti missionari don Paolo Zuttion e don Flavio Zanetti, attualmente entrambi in servizio in quella Monfalcone dove l’esperienza di terre lontane e di incontri di genti, culture, lingue e religioni oggi sono più necessari che mai. Vari i confratelli, in prima fila, assieme ai familiari. La preghiera dei fedeli, in italiano, francese, rumeno, friulano e sloveno, ha raccolto le lingue ascoltate, a volte parlate, da don Giuseppe negli anni del lavoro. Se il testamento spirituale ha aperto la celebrazione, il saluto di don Cristian Birnat, insegnante e formatore nel seminario maggiore di Iaşi, ha ribadito la fratellanza tra le diocesi.
«Siamo sicuri – così don Cristian nel leggere la lettera di monsignor Iosif Păuleț, vescovo di Iași – che la sua attività, il suo ministero pastorale, il bene materiale e spirituale offerto a tutti, la sua disponibilità ed amicizia, il suo stile di vita sacerdotale come amico dei missionari, sono argomenti per la ricompensa divina nel cielo e, così, resterà nella nostra memoria, ringraziando Dio per la sua opera e vita e pregando con amore per la sua pace eterna insieme ai santi missionari. Grazie al suo instancabile lavoro e contributo, grazie specialmente all'aiuto generoso che abbiamo ricevuto dalla Diocesi di Gorizia, la nostra Chiesa locale di Iasi ha avuto un sostegno per essere una Chiesa in uscita, una Chiesa missionaria, dato che ci avete offerto un aiuto generoso, partecipando alle nostre opere missionarie», ha concluso.
Don Peppino, in una solare giornata di inizio novembre, ha così salutato la sua Gorizia, per anni servita con dedizione e servizio indefesso, pronto per riposare nel cimitero di San Martino di Terzo d’Aquileia, nella tomba di famiglia.
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